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La leggenda del moro e della fanciulla|teste di moro

Tempo di lettura: 2 Minuti

Immaginate di trovarvi nella Palermo del XII secolo, nascosti tra i muri della città e le cupole rosse delle moschee.


Avreste potuto vedere un gran via vai di gente: normanni dagli occhi azzurri e i capelli biondi, mori dalla pelle bruciata dal sole ed ebrei dalle barbe lunghe. Immaginiamo di muoverci tra gli odori pungenti del cibo di strada e il vociare popoloso della città. Ad un tratto, sporgendoci dall’angolo di un palazzo, ci accorgiamo che su un balcone una bellissima e rigogliosa pianta di basilico cresce…. in una testa umana!


Lo scuro volto di un moro, decapitato e conciato, è usato come vaso della pianta: chi avrà mai fatto tutto questo?
Un po’ turbati chiediamo informazioni ad un passante e questi ci narra una folle storia.
Il balcone appartiene ad una giovane e bellissima ragazza che, un giorno, mentre era intenta alla cura delle sue piante, scorse un giovane ragazzo moro che passava per la strada. Bastò un fugace gioco di sguardi perché i due ardessero istantaneamente d’amore e il ragazzo, senza perder tempo, entrò nella casa della giovane per dichiararle il suo sentimento.
La passione tra loro divampò e li possedette completamente e quando, dopo diversi incontri tra i due, il giovane moro disse alla ragazza di dover tornare in Oriente, dove moglie e figli lo attendevano, una furibonda gelosia si impadronì della fanciulla.
Una gelosia cieca e disperata che la indusse a trasformare il suo puro sentimento in un macabro impeto. La giovane uccise, infatti, il bel moro e ne tagliò la testa trasformandola in un orrido vaso per la rigogliosa pianta di basilico.
Questa cresceva nutrita dalle lacrime che la giovane, ogni giorno, vi versava e divenne così florida e bella da destare l’invidia degli abitanti del quartiere. Questi, per non esser da meno della fanciulla, si fecero scolpire da abili artigiani delle teste di moro in ceramica, ove piantare le proprie piante.
Oggi le teste di moro sono tra i più rappresentativi simboli della Sicilia, di una Sicilia dalle tinte estreme e a volte irrazionali. Una Sicilia in cui il sole sorge dal mare e il rosso del vulcano scorre tra il verde dei boschi. Una Sicilia impetuosa in cui la passione può trasformarsi in sanguinaria follia, pur rimanendo incontrovertibilmente amore. Sono questi i Siciliani: uomini e donne fatti di sabbia e di acqua salata, di grano e cenere dell’Etna. Uomini e donne intrappolati a terra da invincibili radici ma che volgono il loro sguardo verso un cielo in cui la luna fa piangere e le zagare danno conforto. Teste di moro, perchè la Sicilia è un’amante esigente, terribile se non viene ricambiata ma dolce e succosa come un’arancia quando viene colta. Dire quanti sono gli amanti di questa Donna dall’irresistibile malia è impossibile perchè sono tanti quante le teste di moro che vedrete camminando per le vie delle sue città.
Nasce così “Teste di moro”, un incontro tra suggestioni d’immagini e racconti sussurrati tra i vicoli.

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