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Lo sportello dell'ignoto marinaio|teste di moro

Tempo di lettura: 4 Minuti

L’umidità dei luoghi di mare è cosa ben diversa dalle altre. Mentre si esalava quel profumo, quel miscuglio di mare, eucalipto e zagara e cemento e cera il cielo offriva uno spaccato di agosto: luminoso, leggero, a tratti fresco che tira leggermente verso la nuova stagione.
Quella sera, come le altre, a destra del corso principale, l’arcuata porta di legno, che ospitava la farmacia, veniva, come di consueto, illuminato da un timido raggio, solo da un lato. Sembra tutto pacato e timido, all’apparenza. Il piccolo sportello a sinistra del bancone, quello che incanta i visitatori, quello delle ampolle delicate che si toccano piano con l’indice e il pollice, cela però un bizzarro mistero. E mentre una lama di luna che viene dalla fessura della porta d’ingresso ne abbaglia il volto, gli occhi dell’ignoto marinaio si aprono. E si chiudono. Il naso viene storto e lo sportello spalancato. Il dipinto è magia. E quindi quatto, in punta di piedi, un po’ bizzarro viene fuori un marinaio ignoto: si guarda intorno, esplora ignaro, si guarda allo specchio, si scruta. Esce dalla porta e lo sportello si chiude. Si reca leggero verso un angolo ombreggiato del porto, sistemando sotto il suo capo una fitta rete arancio. L’odore dell’umido viene sopraffatto dal mare, dall’odore dei pesci e delle reti. Lui è a suo agio.  Riflette su come sarebbe la sua vita se non fosse un marinaio. Accende la sua pipa e chiude gli occhi. Proprio in questo istante, lo sportello in farmacia si spalanca. Goffo e stranito, un distinto uomo fa capolino. Il volto è lo stesso. Gli occhi non sono però vispi e furbi ma sono incorniciati da una ruga scrutante. L’uomo, dall’aspetto nobile, esce anch’egli dallo sportello. Fa fatica e si premura quindi a passare velocemente il palmo della sua mano sulla spalla. Si ricompone ed esce, quasi in trance, quasi guidato dal cielo. Segue il profumo di una pipa, quella pipa. Si reca verso il porto, a sinistra il fumo della pipa s’increspa senza un’origine. Lui non si ferma a capire cosa accade e da dove promani. S’interroga, invece, sulla luna e su come sarebbe la sua vita se fosse un marinaio.

M.L.


 

Antonello Portrait of a Man
Antonello da Messina Portrait of a Man Oil on panel, 12-14 x 9-5/8 in (31x 24.5 cm) Museo della Fondazione Culturale Mandralisca, Cefalu (Palermo)

È una delle poche teste di moro di cui si possa parlare in quanto “testa” senza tuttavia richiedere la decapitazione di qualcuno. Da cinque secoli scruta il mondo con il suo impercettibile sorriso, il suo sguardo enigmatico e acuto, il suo volto sfuggente che emerge dall’ombra come un improvviso lampo di colore.
Il ritratto dell’ignoto marinaio è stato dipinto da Antonello da Messina all’incirca nel 1470. Dopo oscure vicende fu acquistato dal barone Enrico Pirajno di Mandralisca che, nel 1852, lo ricevette da un farmacista di Lipari che utilizzava la tela come sportello di un armadietto.
Sebbene la critica d’arte abbia rigettato la tesi secondo cui il personaggio in questione fosse realmente un marinaio, preferendo identificare nel misterioso uomo un aristocratico di alto lignaggio, buona parte del suo mito è dovuta proprio alla sua identificazione con un ignoto uomo di mare.
 
La suggestione dello sguardo penetrante, pieno dell’esperienza tormentosa del navigare e dei suoi segreti, dell’enigmaticità del lieve sorriso, sintomo di un’ironia acuta e appena accennata, si riversano impietosamente sullo spettatore che non può non rimanere turbato di fronte all’imperscrutabile insinuazione che quel volto arguto sembra scatenare nell’animo.
Il volto del marinaio ma anche il volto di una terra, del suo popolo, del suo animo. Il sorriso del dipinto di Antonello sembra diventare l’allegoria dello spirito più profondo della Sicilia e di tutte le sue componenti: il mistero, la segretezza dei suoi meccanismi e della sua mentalità, cinti (ingabbiati?) dalle sue coste e dal mare; l’ironia, il riso leggero e appena accennato del siciliano, dell’indolente Beppe Nappa che attende con noncuranza il momento giusto per trarre il suo profitto dal disastro degli altri personaggi; l’imperscrutabilità del suo volto, colto nell’istante preciso della riflessione, dell’inconfessabile lampo della mente, tale da portare quasi all’esasperazione la giovane figlia del farmacista di Lipari, inferocita ed affascinata insieme dallo sguardo inspiegabile del marinaio.
È così, con l’assurda vicenda della ragazza di Lipari, che inizia un’ennesima fase vitale per il magnifico dipinto. L’opera di Antonello è infatti protagonista di un’importantissima vicenda letteraria del XIX secolo, il romanzo di Vincenzo Consolo Il sorriso dell’ignoto marinaio, pubblicato nel 1976. Nel 1860 Garibaldi arriva in Sicilia. I contadini si infervorano, tramano e complottano per dare il proprio contributo alla libertà che sembra arrivare, come un fiume in piena, con le giubbe rosse dei soldati comandati dall’Eroe dei due mondi. Anticipando la più celebre vicenda di Bronte, nel piccolo paesino di Alcara Li Fusi, in provincia di Messina, i contadini assaltano il Casino dei Nobili e ne massacrano gli ospiti, tra cui un bambino. Analogamente a Bronte, l’arrivo dei Garibaldini porterà all’arresto dei contadini e alla sommaria esecuzione di alcuni di essi.
Consolo racconta la vicenda attraverso due personaggi reali, il Barone di Mandralisca e l’avvocato Giovanni Interdonato, organizzatore della resistenza anti borbonica, e tramite lettere e testimonianze autentiche dell’epoca, ritoccate per servire la causa del libro. In questo concitato momento storico cosa mai può significare l’arrivo per nave di un dipinto del XV secolo dall’espressione misteriosa? Non è forse lo stesso Enrico Pirajno che rimane affascinato ed incerto di fronte all’opera che gli viene portata dall’Interdonato, incapace di decifrare il messaggio che quel volto deve portare al suo spettatore?
Pirajno capisce che il sorriso del dipinto è lo stesso dell’avvocato Interdonato; è lo stesso, in ultimo, di colui che sceglie di osservare il flusso eterno degli eventi storici. «Un sorriso ironico, pungente e nello stesso tempo amaro, di uno che molto sa e molto ha visto, sa del presente e intuisce del futuro»; non è forse questa la funzione dello scrittore? Guardare dall’alto la Storia, renderne testimonianza, accumulare in sé i suoi trionfi e le sue frustrazioni, i suoi tradimenti (come quello perpetrato ai danni del popolo siciliano durante il Risorgimento, crogiuolo di libertà trionfanti e speranze frustrate) e osservare.
Il volto dell’ignoto marinaio è sardonico e arguto, consapevole, pregno di conoscenza e tuttavia silenzioso, celato come uno scrigno, «di uno che si difende dal dolore della conoscenza e da un moto continuo di pietà.»
Antonello dipinse un quadro di eccezionale potenza espressiva, superando i suoi maestri fiamminghi e i suoi contemporanei italiani. Il suo legame con una terra, con un popolo, l’amore che gli tributò uno scrittore concorsero a fare di lui un simbolo.
F.C.


Foto ritratto ignoto marinaio by wikipedia.
Copertina:Scorcio Tonnara di Marzamemi (SR)
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