Tempo di lettura: 6 Minuti

Io happy per la partenza e il cielo rosa.

Siamo a poco più di metà del primo mese dell’anno, un anno iniziato con il botto, più dei precedenti.

Per la prima volta, a Natale e Capodanno noi siamo rimasti a Milano, in quarantena, come la stragrande maggioranza delle persone, quindi fortuna che, nelle settimane precedenti, avevamo avuto la possibilità di organizzare delle fughe da city.

La città offre una fantastica possibilità di ponte nel mese di dicembre, nei giorni del 7 e dell’8, giorni a cui quest’anno seguiva il weekend.

Sempre sognata, desiderata, immaginata, Parigi non poteva che essere la meta da raggiungere per questo ponte.

Siamo partiti con un gruppo di amici, organizzandoci all’insaputa gli uni dagli altri. Lo scopo era cercare di fare un tour d’assaggio della città che, di certo, verrà nuovamente (e spero presto) visitata.

Abbiamo preso un carnet di biglietti, un trenino che ci ha portato in centro. Bagagli in hotel a Nàtion e via verso il il Louvre.

Fuori dal Louvre mentre Fra comprava una bottiglietta d’acqua alla modica cifra di 4 euro.
Io sotto i cieli del Louvre

Ho sempre amato i musei, sono una di quelle persone che si siederebbe a terra con carte e matita a scrivere e schizzare. Ho sempre sognato di farlo al Louvre ma è praticamente impossibile. Se si ha poco tempo, ancor di più. Un ricchissimo spazio museale con troppa gente (di cui una buona percentuale anche molto disinteressata).

Se qualcuno ha suggerimenti su come visitarlo al meglio io sono qui!

La sera cena (squisita) da Pamela Popo. Non è stata molto economica ma abbiamo mangiato molto bene, l’atmosfera poi era davvero super e i camerieri parlavano anche inglese.

Prima di andarci a mettere sottocarica per il giorno seguente, veloce giro tra le luci del Palazzo del Comune, nel quartiere Marais: natale, un immancabile carosello e vabbè. Tutto bello bellissimo.

<3

I miei piedi urlavano già quindi dopo cena siamo tornati. Il giorno seguente partiamo alla volta di Montmartre, luogo dove la mia sensibilità/emotività/vision of art/passione per il mistero e l’ancien ha perso qualunque forma di freno.

In preda a crisi di identità, ho vagato in giro con canzoncine per la testa, immaginando quelle strade nel passato, i tormenti degli artisti etc etc. Chi mi conosce, sa che tipo di viaggi mentali faccio senza droga. Naturalmente, le lacrime sono state un obbligo.

Dopo essermi rimbambita per tutta la mattinata, uno scroscio di pioggia notevole ha lavato via il mio trip. Siamo tornati alla realtà mangiando al volo, giusto il tempo di una schiarita che ci ha condotti direttamente alla Tour Eiffel.

Bella si, ma anche meno. L’aria della città, la sua diversità, i suoi scorci meritavano molto di più di una sosta lunga sotto la torre che, per carità, ha pure il suo fascino ma non è, per me, l’attrazione più meritevole.

Ciaone

Lungo la passeggiata, la Golden hour illumina quei palazzi magnifici. Credo che il Comune imponga ai cittadini di usare le stesse luci da interno – tutte calde o tutte fredde- per questioni di design o non so; fatto sta che questi sanno fare sempre tutto bene. Vabbè supposizione a parte, i palazzi, le luci, gli alberi di natale. Troppe emozioni.

E che fai non la vedi la Tour Eiffel illuminata? Eh certo! Saliamo quindi sulla Tour Montparnasse che mi ha fatto viaggiare indietro nel tempo fino agli anni’80 -’90. Foto, panorama. Ovviamente io che facevo? Cercavo Montmartre nel paesaggio. (che cosa easy avendo le lenti a contatto da un giorno ^^).

Prima della cena c’è ancora tempo: andiamo ad illuderci alle Gallerie Lafayette. Bello. Confusione. Solita esperienza con mamma rocca: si guarda e basta.

Per la cena, Montmartre di nuovo. Altre emozioni, complice la sera, il silenzio. Io perduta e, a volerci credere, la mia suggestione è stata quella di una malinconica vita passata, lì vissuta.

La mattina seguente, 5h Arrondissement per Shakesphere & Co. La scelta dei libri era abbastanza commerciale ma vuoi mettere che cos’è stato quel luogo? Chi ha calpestato quel pavimento? Scorci a go go, un pianoforte libero con una ragazza che suonava. Un gatto.

Dovevo fare un contratto con i Fazzoletti Tempo prima di partire e fare le storie con #adv perché ho pianto troppo dall’emozione.

Dopo aver pranzato con le crêpes, il tour prende una svolta regale, quella dell’Operà, dove sono rimasta letteralmente senza parole. Un mix tra il palazzo de la bella e la bestia ed essere sul set della serie Versailles: anche qui la mia immaginazione era totalmente a briglie sciolte.

Mamma Rocca mi ha mandato un whatsapp per dirmi che dovevamo andare a Place Vendome, dove l’unico commento è stato solo ciao povery. Non restava che fare le foto con l’albero di Natale e il cartellone Chanel.

Cena squisita e tipica al ristorante La Marine che vi consiglio vivamente per la musica, la cortesia, il cibo e tutto.

L’ultimo giorno tra le passeggiate a chiacchierare al freddo lungo la Senna nell’attesa dell’apertura delle bancarelle, una dolce colazione da Angelina, le stradine con gli antiquari, gli scorci, i profumi e il Museo d’Orsay ho capito che forse devo rivedere qualcosa della mia vita.

A me piace viaggiare si, ma potrei non vedere mai alcuni posti in favore di altri da rivisitare o addirittura vivere.
Chissà cosa ci sarà nel mio futuro. Per adesso, mi sono divertita a rivivere e raccontarvi quello che mi è rimasto impresso tra tutti i giri fatti. Abbiamo infatti visto molto altro ma questo è un po’ del contenuto della scatola di emozioni e must have che mi porto da questo viaggio.

La città ha messo in moto di nuovo i miei marchingegni artistici, il disegno, la scrittura, l’arte e per chi è (un po’) artista, nel mondo non può che esserci un’unica patria: Parigi, diceva Nietzsche!

Alla prossima!

Please follow and like us:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *