Una chiacchierata con Matteo Brancaleoni: the Italian Crooner
Da Spotify al 1956 ci è voluto uno schiocco di dita. Lunghi impermeabili e Borsalino; i gilet si intravedono. Gonne a ruota che girano come i capelli che fanno da cornici a labbra rosse e sguardi frizzanti. La musica, ah la musica. Quelle note d’oltre mare.
E così, il sipario si apre. Cielo stellato e scale fatti di tasti bianchi e neri, i fiati accompagnano la salita. Gli archi attendono impazienti.
Le stelle compongono in cima un’argentea asta, gambo di un fiore chiamato microfono: quali note, quali voci diffonderà? In un battito di ciglia, sento questo. Dove il verbo sentire è feel. Un viaggio nel passato, un meraviglioso spaccato di vita. Grazie alla musica che ti porta lontano. Ho provato questo la prima volta che ho ascoltato la voce dell’Italian Crooner, la voce di Matteo Brancaleoni.
La mia musica del cuore, quella che ascolto, quella che canto. Cantata da una voce che attira e fa ruotare il capo anche ai più distratti: lo swing.
Non potevo restare ferma a contemplare. Approfittando della gentilezza estrema di Matteo, l’ho invitato a fare una piacevole chiacchierata.
Seppur non sembri vi sia stato anche un solo giorno in cui Matteo non abbia tratto linfa dai suoi mentori, il colpo di fulmine con questi generi è avvenuto in un tempo preciso.
Non è infatti stato «il vento dell’Est come per Mary Poppins» ad avvicinare quelle sonorità alle sue orecchie.
La musica che ascoltava era tanta, così come l’amore provato per Pavarotti ma l’incontro con lo swing, il jazz e la bossa nova avvenne intorno ai dodici anni.
Un cupido attento scelse un momento perfetto per colpire quel ragazzino che, già in tenera età, mostrava uno stile da little Sinatra: «[…] Chi mi conosce bene sa che andavo in giacca e cravatta già alle medie. Avevo 11-12 anni indossavo ogni tanto anche un Borsalino che avevo comprato con i risparmi dei lavoretti estivi e un maestro che insegnava musica nel doposcuola mi chiamava “Sinatra” ! Hahhahah!».
E proprio Sinatra fu il primo dei suoi idoli così come anche Dean Martin, Ella Fitzgerald, Caterina Valente, Johnny Dorelli e tanti altri. Un percorso fatto di trombe, sassofoni ed eleganti abiti in schermi in bianco e nero. «[…] Crescendo ti accorgi che, per quanto invidiabile e grandiosa, la vita di certi personaggi è ricca di sfumature, di momenti positivi e negativi, come la vita di tutti noi. E alla fine ti accorgi che quella è stata la loro di esperienza e ti rendi conto che l’unico modo giusto, nel bene e nel male, è quello di fare il tuo di percorso e di vivere la tua di vita».
Matteo ha seguito il suo sogno. É diventato un Italian Crooner, anzi l’Italian Crooner.
Le sue cover sono lucidi e pregiati antichi argenti. Un tuffo in un passato romantico e a colori, un passato che è presente reso prezioso anche dagli incontri di voci e sonorità di cui si è visto il meraviglioso sposalizio. «[…]ogni singola collaborazione con musicisti o artisti è un capitolo a sé. Da Fiorello a Renzo Arbore, a musicisti come Franco Cerri, Gianni Basso, Fabrizio Bosso. Fra quelle che ricordo ancora con tanta commozione quella con Renato Sellani, sfociata in un’amicizia preziosa, non sai quante volte mi capita di pensare a Renatino e ricordare uno dei tanti momenti insieme e subito la malinconia si trasforma in un sorriso. Mi manca molto. Anche all’estero non è facile trovarne una. Quest’anno abbiamo girato quattro continenti tra Cina, Russia, Europa, Emirati Arabi e Stati Uniti». Tante le soddisfazioni in Italia e all’estero con partecipazioni e collaborazioni importanti: «Forse l’evento inaugurale del resort di Bvlgari a Dubai l’anno scorso, dove ero stato invitato come artista principale ed unico italiano. In Italia probabilmente il Capodanno 2015 della Città di Torino in Piazza San Carlo insieme alla Big Band del mio batterista Gianpaolo Petrini di fronte a 30mila persone. Non avevo mai cantato davanti a così tanta gente. Che emozione! Tremavo come una foglia e non solo per il freddo! (c’erano -6 gradi) hahahah».
Tra una nota e un altra, divertendosi ed emozionandosi, Matteo è al centro di un palcoscenico.
I panneggi dei tendaggi danzano soavi e si aprono, una luce è su di lui puntata: la cornice è la sua band, la sua Italian Swing Band: «[…] sono i miei musicisti, i miei amici e i miei assidui compari in tante avventure che abbiamo vissuto insieme. Sono molto grato ad ognuno di loro, al mio pianista e direttore musicale Nino La Piana, al mio bassista Roberto Chiriaco, al mio batterista Gianpaolo Petrini, al mio chitarrista Fabrizio Veglia, al mio trombettista Stefano Cocon e al mio sassofonista Simone Garino. Sono grandi musicisti e persone uniche. E non posso dimenticare il mio agente Renato D’Herin! Lavoriamo insieme da 12 anni e gli sono profondamente grato per tutte le cose che ho fatto finora. E’ la concretezza, la razionalità, il “faro” non solo mio, ma di tutta la band e nei lunghi viaggi è un compagno prezioso e insostituibile. Il clima che si è creato dopo anni lavorando insieme è quello di una famiglia. Insieme a loro abbiamo da poco iniziato a lavorare al nuovo disco che dovrebbe uscire tra ottobre e novembre».
Avremmo modo di sentirlo molto presto. Un tour che toccherà in un grande teatro anche a Milano, ma tutto il resto è top secret. Per adesso, ci accontentiamo di conoscere un pò della sua vita e la sua canzone portafortuna “Fly me to the moon”.
Matteo è una meravigliosa testimonianza di un passato musicale 100% Made in Italy.
Quelle sonorità sono insite in lui, nel suo timbro vocale, nei suoi gesti eleganti e piacevolmente, d’altri tempi.
Scorre musica purissima nelle sue vene e noi ci pregiamo tutti di ascoltarlo.
Grazie infinite a Matteo per la gentilezza, disponibilità e cordialità.
Photo credits Federico Botta
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